Difficil' è nell'onde acerbe, e crude, quando l'irato mar poggia, e rinforza, tener dritto il timone; ma non deve però esperto nocchier perder sì l'arte, che dall'ira del mar rimanga vinto senza opporsi al furor; chè spesse volte vinse l'altrui valor l'aspra tempesta. - Giambattista Giraldi Cinzio

lunedì 29 aprile 2013

Cuore di tenebra: Citazioni e commenti del capitolo 2

Joseph Conrad, Cuore di tenebra, Milano: Feltrinelli, 2011 (15a ed.)

Citazioni rilevanti del capitolo secondo.


<<'E come è arrivato l'avorio da tanto lontano?' ringhiò il più anziano, che pareva molto contrariato. L'altro spiegò che era arrivato con una flotta di canoe al comando di un meticcio inglese.>>
I metodi di trasporto di un materiale pregiato e ricercato dalle compagnie commerciali inglesi durante l'epoca colonialista del XX secolo in Congo risentono dell'arretratezza e del sottosviluppo del territorio controllato.

Metodi di traporto dell'avorio in Congo nel XX secolo


<<Dovevo cercare in continuazione il canale; dovevo distinguere i segni dei banchi di sabbia sommersi; stavo all'erta cerando i massi sprofondati; imparavo a serrare i denti con prontezza prima che mi mancasse il cuore quando rasentavo per un pelo qualche vecchio subdolo infernale tronco d'albero che avrebbe strappato la vita a quel battello di latta e affogato tutti i pellegrini; dovevo tener d'occhio le tracce di legno morto che avremmo potuto tagliare di notte per generar vapore l'indomani.>>

Il protagonista, comandante di un battello a vapore ridotto in condizioni precarie, sottolinea le abilità personali e la tenacia nella conduzione dell'imbarcazione. Nell'ultima riga è possibile intuire come alla fine dell' '800 fossero diffusi vaporetti atti all'esplorazione e alla navigazione costiera.

<<Dopo tutto per un marinaio sfregare la carena della nave che dovrebbe restare sempre a galla sotto la sua responsabilità è il più imperdonabile dei peccati. Nessuno verrà mai a saperlo, ma voi la botta non ve la scordate di certo - no? E' un vero colpo al cuore. Ve la ricordate, ve la sognate e - anni dopo - vi svegliate e ci ripensate>>

L'autore, navigante abile e competente, espone un aneddoto singolare, descrivendo una delle più ossessive preoccupazioni di un marinao fedele alla sua nave.

<<[..] quel sudicio battello si trascinava come un pigro scarafaggio che striscia sul pavimento di un nobile porticato.>>

In questo climax ascendente di attributi, Conrad paragona il battello vacillante, sporco e insicuro, al mare, elemento naturale etereo, chiaro, puro, incontaminato.

<<Dovevo affaccendarmi con biacca di piombo e strisce di coperte di lana per fasciare quei tubi di vapore che perdevano.>>

In preda a numerose difficoltà, il comandante si applica con dedizione nel riparare con metodi approssimativi dei tubi di vapore forati. Tali locuzioni evidenziano il tasso di regresso e di regressione che caratterizzava le zone africane nel XX secolo.

<<Sbirciava il manometro del vapore e l'indicatore del livello dell'acqua.>>

E' citato il manometro, strumento di misura della pressione dei liquidi, inventato nel 1705 da Pierre Varignon.

Manometro

<<Rimaneva [..] vicino alla porta un libro che raccattai. [..] Il titolo era Indagini su alcuni aspetti dell'arte marinaresca di un certo Towser, o Towson, capitano della Marina reale. [..] Towson o Towser indagava seriamente sulla resistenza alla rottura delle catene e dei paranchi delle navi e su altre faccende del genere.>>
L'autore allude a un opuscolo di un ignoto capitano della Marina militare inglese, concretamente ancora non identificato. Tale volume si rivelerà di grande ausilio per risolvere problematiche di ogni genere relative alla navigazione.

<<Indirizzai decisamente il battello verso la riva - dove l'acqua era più profonda, come appresi dallo scandaglio>>

Lo scandaglio è uno dei più antichi ed utilizzati strumenti idrografici e serve per misurare la profondità dell'acqua durante la navigazione. Nella sua forma primitiva era costituito da una cordicella ed un peso legato all'estremità. Il peso veniva gettato in acqua e conseguentemente si misurava la lunghezza della corda al momento del contatto con il fondale. Il sistema venne perfezionato nel corso del tempo, adeguando i materiali alla tecnologia disponibile. (descrizione tratta da <http://it.wikipedia.org/wiki/Scandaglio>)

Scandaglio
<<Quel battello era fatto come una chiatta pontata. Sul ponte c'erano due casette in legno di tek, con porte e finestre. La caldaia si trovava a prua e le macchine a poppa. Il tutto era ricoperto da un tetto leggero, sostenuto da quattro puntali. Il fumaiolo sbucava dal tetto, e proprio davanti al fumaiolo una stretta cabina, costruita con assi sottili, fungeva da cabina di pilotaggio. Conteneva una cuccetta, due seggiolini da campo, una Martini-Henry carica in un angolo, un minuscolo tavolino e la ruota del timone. Sul davanti un'ampia porta e due larghi portelli ai lati. Porta e portelli, naturalmente, erano sempre spalancati. Io passavo le mie giornate lassù, appollaiato all'estremità prodiera di quel tetto, davanti alla porta. Di notte dormivo, o cercavo di dormire, sulla cuccetta. Un atletico nero che apparteneva a non so quale tribù costiera e che era stato istruito dal mio sfortunato predecessore, era il timoniere. >>
Conard fornisce una descrizione minuziosa ed elegante del battello su cui è imbarcato il protagonista e dell'equipaggio di bordo, composto da individui dalle conoscenze sommarie e dalle abitudini di vita primitive.

venerdì 26 aprile 2013

Le unità di misura relative alla navigazione

La navigazione, come tutte le arti e le attività, ha subito nel corso dei secoli un processo di evoluzione graduale.





Sin dalla notte dei tempi, da quando si esercitava una “navigazione a vista”, l'orientazione era intuitiva e semplice. Il marinaio con metodi empirici, navigando lungo la costa, riusciva a percepire la distanza da un punto semplicemente osservandolo; esso sapeva, inoltre, avvertire le forze che vento e correnti imprimevano sull'imbarcazione.Più i marinai prendevano dimestichezza con la natura, più metodi scoprivano per potersi orientare nel corso dei loro viaggi: dalla misurazione della profondità dei fondali per capire la distanza da costa e secche all’osservazione del sole e delle stelle.





Sistema di posizione navale


Oggi la navigazione è una scienza precisa, che si avvale di calcoli e misurazioni dettagliate effettuate da strumenti elettronici "infallibili".


Fondamentale importanza nella navigazione assume la determinazione delle coordinate terrestri. Immaginiamo la Terra come un ellissoide che gira su se stesso attorno a un asse obliquo, e suddividiamola in una fitta rete di infinite linee immaginarie, i paralleli e i meridiani. L’equatore è il circolo massimo che divide l’ellissoide in due regioni, emisfero Nord ed emisfero Sud. Si chiamano paralleli le circonferenze minori parallele all’equatore. Invece, gli assi ortogonali all’equatore si chiamano meridiani. 
La latitudine è l’arco di meridiano compreso tra l’equatore e il punto considerato. Si esprime in gradi, primi e secondi e ha nome Nord o Sud a seconda che il punto si trovi nell’emisfero settentrionale o in quello meridionale.


La longitudine è l’arco di equatore compreso tra il meridiano di Greenwich (quello che passa per Londra) e il punto considerato. Si esprime in gradi, primi e secondi ed ha nome Est o Ovest a seconda che il punto si trovi a destra o a sinistra del meridiano di Greenwich.













Questo sistema di localizzazione, come detto in precedenza, è ormai completamente automatizzato e il computer di bordo calcola in pochi secondi la posizione attuale, quella di arrivo e molte altre informazioni vitali per la navigazione, come la velocità della nave, il tempo necessario per arrivare a destinazione e la distanza da percorrere.

Radar moderno

Per velocità e distanza si utilizzano unità di misura derivanti dal mondo anglosassone: i nodi e le miglia marine (entrambe non fanno parte del SI).
Il nodo è l’unità di misura per la velocità ed è equivalente a 1 miglio nautico all’ora (1,852 km/h), a 0,544444 m/s e a 1 Nm/h (per definizione).
In ambito internazionale la sua abbreviazione è kn, ma nei paesi anglosassoni si trova anche l’abbreviazione kts, per il plurale (dall’inglese knots, nodi).
Il miglio è l'unità di misura per la lunghezza, il cui valore, variabile da 1 a 2 km circa, cambia a seconda delle epoche storiche e dei vari paesi. La parola miglio deriva dall'espressione latina milia passuum, che nell'Antica Roma denotava l'unità pari a mille passi (1 passo = 1,48 metri). 
Le miglia tutt'ora in uso sono:
  1. Miglio terrestre o miglio inglese: nel sistema imperiale britannico corrisponde a 1.760 iarde e a 5.280 piedi. È lungo esattamente 1.609,344 metri. Viene tuttora comunemente usato nei paesi anglosassoni.
  2. Miglio d'equatore o geografico: è pari alla lunghezza dell'arco di equatore corrispondente a un minuto d'arco di longitudine, cioè circa 1.855,325 m.
  3. Miglio marino o miglio nautico internazionale (nautical mile): è lungo esattamente 1.852 metri, secondo la definizione stabilita nel 1929 dalla International Extraordinary Hydrographic Conference di Monaco di Baviera. Il Sistema Internazionale di unità di misura ne ammette l'uso per la navigazione aerea e marittima.
  4. Miglio marino inglese o miglio nautico inglese: pari a 1.853,18 m.
  5. Miglio marino USA o miglio nautico USA: pari a 1.853,24 m.
Le miglia non più in uso sono:

  1. Miglio romano = 1.480 m
  2. Miglio austriaco = 7.585 m
  3. Miglio di posta austriaco = 7.585,94 m
  4. Miglio danese = 7.532 m
  5. Miglio italiano = 1.851 m
  6. Miglio norvegese = 11.295 m
  7. Miglio nederlandese = 7.408 m
  8. Miglio nuovo nederlandese = 1.000 m
  9. Miglio del Reno (di Prussia) = 7.532 m
  10. Miglio romeno = 7.848 m
  11. Miglio russo (Versta) = 1.067 m
  12. Miglio svedese = 10.638 m


Anticamente in alcune navi la velocità veniva misurata lanciando un solcometro dalla poppa. Il solcometro era formato principalmente da una sagola alla cui estremità era legato un travetto di legno, e lungo la quale erano stati fatti dei nodi posti ad una distanza fissa di circa 50 piedi e 7,6 pollici (15,433 m). Il calcolo veniva effettuato da due marinai posti a poppa dell'imbarcazione: uno doveva lanciare la sagoletta e contare quanti nodi attraversavano le sue dita, l'altro teneva il tempo usando una clessidra di 30 secondi. Dato che 15,433 m equivalgono a 1/120 di miglio marino, mentre 30 secondi equivalgono a 1/120 di ora, il conteggio dei nodi passati tra le dita del marinaio, in trenta secondi, corrispondeva alla velocità della nave.


Tabella di conversioni

mercoledì 24 aprile 2013

Se la navigazione fosse..

.. un quadro, sarebbe Il mare di ghiaccio (in tedesco Das Eismeer), conosciuto anche come Il naufragio della speranza, dipinto di David Friedrich, capostipite della corrente romantica tedesca, composto tra il 1823 ed il 1824.

    
Il mare di ghiaccio

AutoreCaspar David Friedrich
Data1823-1824
TecnicaOlio su tela
Dimensioni98×128 cm
UbicazioneHamburger KunsthalleAmburgo
Nell'opera è rappresentato un naufragio nel mezzo di un mare congelato, le cui schegge ammassate con i bordi aguzzi sembrano tendere verso il cielo. I frammenti di nave che si notano in basso a destra, volti a suggerire una sensazione di movimento a spirale, e l'uso dei colori freddi e cupi suscitano un senso d’ansia e di sgomento.
Il tema della navigazione ne Il mare di ghiaccio è ,infatti, connesso, secondo l'influsso di un'antica tradizione allegorica egizia, all’idea dell’ossessiva e della continua peregrinazione dell’uomo sulla terra in cerca di qualcosa. Il naufragio, dunque, rappresenta il paradigma negativo del fallimento e diviene l'incarnazione della fragilità dell’uomo, incapace di penetrare il mistero e imprigionato nell'immobilità delle avversità.
L'opera si pone anche come parabola religiosa e politica. Tali aspetti interpretativi, però, sono lasciati ai lettori più interessati, in quanto evadono dal nostro campo di ricerca e d'indagine.
Curiosità: come confermato da un’iscrizione sul relitto, la nave rappresentata nel dipinto è la HMS Griper, una delle due navi che parteciparono alle prime spedizioni al Polo Nord, di William Edward Parry.


HMS Griper

.. un film, sarebbe Pirati dei Caraibi (Pirates of the Caribbean), una saga della The Walt Disney Company, composta da cinque capitoli, di cui uno ancora in produzione: La maledizione della prima luna (2003), La maledizione del forziere fantasma (2006)Ai confini del mondo (2007) e Oltre i confini del mare (2011).


Jack Sparrow

Il protagonista è il Capitan Jack Sparrow, personaggio idolatrato dalle folle, modello di eroismo e temerarietà, ma nello stesso tempo di sregolatezza e arroganza. Definito come "un giovane Burt Lancaster", Sparrow rappresenta un pirata etico e i tratti che lo denotano sono il suo sguardo freddo e sottile e l'enigmatico sorriso.

La saga è incentrata sulle avventure del protagonista, che è costretto ad affrontare un destino crudele e spietato, ma che, grazie alle sue abilità, sale in trionfo nelle scene finali suscitando l'ardore e la soddisfazione della sua ciurma.

Il contesto scenico principale è, senza ombra di dubbio, quello marino. Il tema della navigazione è ben trasposto ed esplicato attraverso la rappresentazione delle dinamiche delle aggressioni ravvicinate tra velieri e dei combattimenti a distanza, delle lunghe traversate oltre i confini dei mari, delle costruzioni navali etc.



VIDEO TRIBUTO A "PIRATI DEI CARAIBI"
"Jack: L'immortale Capitan Jack Sparrow... Suona bene!"



... una canzone, sarebbe Crêuza de mä (1984) di Fabrizio De André, composta in genovese, la lingua della Repubblica di Genova

 "Crêuza è stato il miracolo di un incontro simultaneo fra un linguaggio musicale e una lingua letteraria entrambi inventati. Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi. Mi piacerebbe che Crêuza fosse il veicolo per far penetrare agli occhi dei genovesi (e non solo nei loro) suoni etnici che appartengono alla loro cultura. "
(Fabrizio De André in un'intervista.)

Fabrizio De André

Il testo, incentrato sulla figura dei marinai e sulle loro vite da eterni viaggiatori, racconta di un ritorno notturno a riva, luogo quasi estraneo. De André esprime le sensazioni, le esperienze, la crudezza d'essere dei marinai, sempre in balia dei fenomeni naturali. Nel brano affiora una ostentata diffidenza, che si nota nell'assortimento di cibi accettabili e normali, da vero marinaio, contrapposti ad altri, come le cervella di agnello, decisamente meno accettabili, citati evidentemente per fare ironia sul disinteresse e sul disprezzo del mondo agreste.
Alla fine il "padrone della corda marcia d'acqua e di sale, finirà per legarli e riportarli al mare lungo una crêuza de ma".



Testo in lingua originale:
Umbre de muri muri de mainé
dunde ne vegnì duve l'è ch'ané
da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa
e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua
e a muntä l'àse gh'é restou Diu
u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu
ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
e a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria
E 'nt'a cä de pria chi ghe saià
int'à cä du Dria che u nu l'è mainà
gente de Lûgan facce da mandillä
qui che du luassu preferiscian l'ä
figge de famiggia udù de bun
che ti peu ammiàle senza u gundun
E a 'ste panse veue cose che daià
cose da beive, cose da mangiä
frittûa de pigneu giancu de Purtufin 
çervelle de bae 'nt'u meximu vin
lasagne da fiddià ai quattru tucchi
paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi
E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi
emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi
finché u matin crescià da puéilu rechéugge
frè di ganeuffeni e dè figge
bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä


Traduzione:
Ombre di facce facce di marinai
da dove venite dov'è che andate
da un posto dove la luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
e a montare l'asino c'è rimasto Dio
il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido
usciamo dal mare per asciugare le ossa dell'Andrea
alla fontana dei colombi nella casa di pietra
E nella casa di pietra chi ci sarà
nella casa dell'Andrea che non è marinaio
gente di Lugano facce da tagliaborse
quelli che della spigola preferiscono l'ala
ragazze di famiglia, odore di buono
che puoi guardarle senza preservativo
E a queste pance vuote cosa gli darà
cose da bere, cose da mangiare
frittura di pesciolini, bianco di Portofino
cervelli di agnello nello stesso vino
lasagne da tagliare ai quattro sughi
posticcio in agrodolce di lepre di tegole
E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli
emigranti della risata con i chiodi negli occhi
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
fratello dei garofani e delle ragazze
padrone della corda marcia d'acqua e di sale 
che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare


venerdì 19 aprile 2013

La navigazione nell'Oriente del XIII e del XIV secolo

L'Oriente, fin dall'antichità, ha rappresentato un luogo di curiosità e di cose meravigliose per i popoli dell'Occidente.
Molto interessanti appaiono le trattazioni di John Mendeville e di Marco Polo intorno alle imbarcazioni navali realizzate da alcuni popoli dell'est.


John Mandeville fu autore e protagonista di Voyage d'Outremer (1357 -1371) che egli stesso avrebbe compiuto, tra il 1322 e il 1356, nell'Oceano Indiano.


Copertina di: Voyage d'Outremer

In un'isola del Golfo Persico, di nome Hormuz, <<le navi non hanno né chiodi né bandelle di ferro, a causa delle rocce di calamita di cui il mare dei dintorni è talmente pieno, da far meraviglia. Se per caso una nave con bandelle e chiodi di ferro passasse per quelle parti, sarebbe finita, perchè la calamita attirerebbe a sè la nave senza più lasciarla andare e ripartire.>> (Ivi, cap XVIII)

Alla corte di Kubilai Khan, fondatore del primo impero cinese della dinastia Yuan (XIII sec.), siedono molti sapienti nelle scienza della <<astronomia, negromanzia, geomanzia, piromanzia, idromanzia e della divinazione>>. Essi usano come strumenti <<astrolabi, sfere armillari, clessidre e preziosissimi orologi>>(Ivi, cap XXV)

Marco Polo, nel suo capolavoro Il Milione (1298), narrò le avventure vissute durante il viaggio compiuto nell'Estremo Oriente dal 1271 al 1288.



Copertina di: Il milione

                                    
                                                  I viaggi di Marco Polo 

Egli, riguardo le navi, scrive: <<ad Ormus le navi sono pessime e pericolose [..] perché non si ficcano con chiodi, per esser il legno col quale si fabricano duro e di materia fragile a modo di vaso di terra [...] le tavole si forano con trivelle di ferro piú leggiermente che possono nelle estremità, e dopo vi si mettono alcune chiavi di legno con le quali si serrano, dopo le legano overo cuciono con un filo grosso che si cava di sopra il scorzo delle noci d'India.>> (Marco Polo, Il Milione, XXVII)

In altri paesi orientali le navi ben costruite <<non usano corde di canapa se non per l'albero della nave e per la vela, ma hanno canne lunghe da 15 anni passi>> e con queste funi di canne riescono persino a trascinare le loro imbarcazioni con tiri da 10 o 12 cavalli lungo fiumi e canali. (Marco Polo, Il Milione, CXXVI)

lunedì 15 aprile 2013

Spunti di navigazione tratti dalle opere degli ingegneri del tardo Medioevo/primo Rinascimento


Guido da Vigevano (Pavia 1280 circa - dopo il 1350), medico e chirurgo militare di professione, scrisse nel 1335 Texaurus Regis Francie, trattato di arte bellica in cui sono descritte numerose macchine da guerra osservate dall'autore durante una delle ultime crociate a cui egli partecipò. Il suo capolavoro segnò l'esordio della letteratura tecnica: a ogni trattazione è associato un disegno, una rappresentazione meccanica necessaria alla comprensione e alla divulgazione della cultura. In quest'illustrazione è presente un progetto per creare navi smontabili e con pale "a manovella".





Mariano di Jacopo, detto il Taccola(Siena1382 – 1453) capostipite della scuola italiana degli ingegneri, fu autore del De ingeneis (1419-1433) e del De rebus militaribus (1449), quaderni di appunti, trattati non sistematici di letteratura tecnica.
Egli teorizzò il modo di risalire la corrente con una barca a pale sfruttando una fune.



Roberto Valturio (Rimini10 febbraio 1405 – 30 agosto 1475) fu autore del De re militari (1446-1455), più un corpo di illustrazioni, che vero e proprio trattato di ingegneria. In quest'insieme di documenti significativi sui modelli delle macchine egli seguì la nuova filosofia della modularità nelle costruzioni militari, che si sviluppò alla fine del Medioevo e che preluse alla moderna ingegneria: le imbarcazioni e le difese "a mantelletto" ne sono esempi emblematici.



Francesco di Giorgio Martini (Siena1439 – Siena29 novembre 1501), architetto ed ingegnere militare, è noto per il Trattato di architettura civile e militare, scritto tra il 1478 e il 1495 durante la sua permanenza presso la corte del Ducato di Urbino. Egli elaborò dei disegni in assonometria, i cui cardini erano rappresentati dal "meccanismo" e non dalla proporzione. In quest'immagine è raffigurata una nave a pale.
E' doveroso notare come tale categoria di mezzo di trasporto rientri nel trattato militare di Di Giorgio in quanto nel 1492 vennero introdotte le armi da fuoco a bordo delle navi.


Nel 1995 a Firenze fu realizzato dall'impresa "Nuova Sari" un modellino della nave di di Giorgio di dimensioni 50x94x23 cm in ferro.


sabato 13 aprile 2013

La navigazione nella Commedia di Dante Alighieri

L'Arsenale di Venezia fu il cuore dell'industria navale veneziana a partire dal XII secolo. È legato al periodo più florido della vita della Serenissima: grazie alle imponenti navi qui costruite, Venezia riuscì a contrastare i Turchi nel Mar Egeo e a conquistare le rotte del nord Europa.

<<Dell'arsenale di Venezia, è mirabile la descrizione:


« Quale nell'arzanà de' Viniziani

bolle l'inverno la tenace pece

a rimpalmare i legni lor non sani,

ché navicar non ponno - in quella vece
chi fa suo legno nuovo e chi ristoppa
le coste a quel che più vïaggi fece;
chi ribatte da proda e chi da poppa;
altri fa remi e altri volge sarte;
chi terzeruolo e artimon rintoppa -;
tal, non per foco ma per divin' arte,
bollia là giuso una pegola spessa,
che 'nviscava la ripa d'ogne parte. »

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, XXI, vv. 7-18)

Busto bronzeo di Dante Alighieri, Venezia

I dettagli con cui è descritta la nave, a cui si aggiungono le citazioni sull'albero, l'ancora, la prora, i remi, le sartie, le vele, e ai quali bisogna affiancare una buona conoscenza dell'uso della bussola, stanno a significare quanto fossero importanti le innovazioni ottenute sulle nuove imbarcazioni, che stavano assicurando alla Repubblica veneta il predominio dell'Adriatico.>>(Vittorio Marchis, Storia delle macchine, Capitolo I, pag.26)


Venezia, XIV secolo

domenica 7 aprile 2013

La navigazione nella preistoria tra realtà e mitologia

Tra i molteplici ostacoli che l'uomo primitivo fu costretto ad affrontare in seguito all'uscita dallo stato di sedentarietà senza dubbio il più enigmatico e difficilmente comprensibile fu rappresentato dal contatto con le varie forme di manifestazione fisica dell'acqua, elemento considerato vitale ma nello stesso tempo pericoloso e temibile.
L'intelligenza, lo spirito di osservazione e la capacità di adattamento suggerirono all'uomo il concetto della galleggiabilità, cosicché la pesca a mani nude o con utensili, con l'ausilio del nuoto, divenne una delle principali fonti di sostentamento, e l'idea di attraversare corsi d'acqua sollecitò l'ingegno umano.
Tali circostanze segnano l'inizio della storia della nautica, intesa come l'insieme delle conoscenze, delle tecniche e dei mezzi relativi alla navigazione.

Si reputa generalmente che il tronco d’albero più incavato o scavato — cioè l’imbarcazione monòssile — sia il primo manufatto a comparire in epoca preistorica; quando il suo bordo libero venne alzato con uno e più corsi di tavole, il manufatto si trasformò in una vera barca.
Uno dei primi problemi, però, fu la capacità di carico e la stabilità, risolto con l’appaiamento di più tronchi e con la costruzione della zattera semplice, la forma di natante più antica e più diffusa, capace di assicurare il trasporto di pesi massicci. Tali perfezionamenti tecnici permisero l'esplorazione di zone prima difficilmente raggiungibili e il contatto tra diverse popolazioni.


Le prime navigazioni erano imprese individuali che comportavano una sfida agli dei, che il navigante cercava di ingraziarsi con doni e simbologie esibite in più forme a bordo e a terra.
Immagini varie colorate vivacemente, pitture vascolari, "occhi apotropaici" e fantasiose e complicate composizioni legate a una sfera misterica e esoterica erano presenti su scafi e vele.





Sulla preistoria della navigazione insiste quasi esclusivamente la leggenda degli Argonauti, assai antica e ambientata in un tempo mitico. Essa rappresenta non soltanto l'espansione greca sulle coste del Mar Nero, a scopo soprattutto commerciale, ma anche il primo tentativo, con la celebre nave Argo, di navigazione marittima.


Gli Argonauti
P.S. = cliccando sui link, si potranno osservare interessantissime immagini riguardanti i manufatti preistorici.

giovedì 4 aprile 2013

Cuore di tenebra: Citazioni e commenti del capitolo 1

Joseph Conrad, Cuore di tenebra, Milano: Feltrinelli, 2011 (15a ed.)

Citazioni rilevanti del capitolo primo.

<<La Nellie, una iolla da crociera, girò sull'ancora senza il minimo fluttuare delle vele e si fermò. La marea si era alzata, il vento era quasi calmo e, poiché dovevamo discendere il fiume, non ci restava che fermarci all'ancora e attendere il riflusso.
L'ultimo tratto del Tamigi si stendeva davanti a noi come il principio di un interminabile corso d'acqua. Al largo, cielo e mare erano saldati senza una giuntura e nello spazio luminoso le vele conciate delle barche che salivano con la marea sembravano immobili fastelli rossi di tele appuntite tra luccicori di aste verniciate.>>
Nell'incipit del romanzo è possibile rintracciare l'ambientazione paesagistica e la localizzazione inizuiale del battello su cui si trova il protagonista, le cui avventurose vicende si rifanno al viaggio per mare compiuto da Conrad nel 1890 nel cuore dell'Africa a bordo del vaporetto Roi de Belges.
Inoltre, vengono date prime informazioni tecniche riguardo la navigazione in alta marea, in presenza della quale occorre fermarsi per attendere il riflusso.

Iolla da crociera

<<Sembrava un pilota, che per un marinao è l'incarnazione stessa dell'affidabilità>>

<<C'era tra noi il vincolo del mare, che teneva uniti i nostri cuori nei lunghi periodi di separazione. [..] L'Avvocato, il migliore dei vecchi, aveva diritto, per i suoi molti anni e le sue molte virtù, all'unico cuscino sul ponte e se ne stava sdraiato sull'unica coperta.>>
In questo passo, è espresso uno dei temi principali del romanzo: il legame tra il marinaio e il mare, che viene a identificarsi come un "partner" alternativo, un compagno di vita fedele, un elemento naturale sconfinato e evocatore di idee suggestive. Inoltre, nella seconda parte, è presente un riferimento alla struttura gerarchica vigente a bordo, con i più anziani e qualificati che godono dei pochi "privilegi" possibili.

<<Il vecchio fiume in quel largo tratto riposava tranquillo [..] distendendosi con la pacata dignità di una via d'acqua che porta ai confini più remoti della terra.>>
Il mare, nelle sue varie conformazioni fisiche, è considerato come mezzo per giungere nei meandri del globo terrestre e, metaforicamente, per esplorare nel profondo il senso della vita umana e scoprirne i tratti nascosti.

<<Per un uomo che ha dedicato la vita al mare, con devozione e affetto, non c'è niente di più naturale che evocare su questi ultimi tratti del Tamigi il grande spirito del passato. La corrente di marea fluisce e rifluisce in un'attività incessante, affollata dei ricordi degli uomini e delle navi che ha riportato al riposo del paese natio o alle battaglie del mare. Aveva conosciuto e servito tutti gli uomini di cui la nazione è fiera, da Sir Fracis Drake a Sir John Franklin, i grandi cavalieri erranti del mare. Aveva portato tutte quelle navi i cui nomi sono come gioielli sfavillanti nella notte del tempo, dal Golden Hing che tornava coi fianchi rotondi colmi di tesori all'Erebus o al Terror, partiti per altre conquiste-che non tornarono mai più. Erano salpati da Deptford, da Greenwich e da Erith - avventurieri e coloni; navi di re e navi di uomini della Borsa, capitani, ammiragli e loschi trafficanti nei mercati dell'Oriente e "generali" delle flotte dell'East India. Cacciatori di gloria, tutti erano partiti da questo fiume.[..] Quale grandezza non aveva gallegiato nel riflusso di qeusto fiume verso il mistero di un mondo sconosciuto!>>
In queste righe sono presenti riferimenti storici di avventurieri e esploratori inglesi, i cui nomi sono passati alla storia, e citazioni di imbarcazioni gloriose. Tutto era passato attraverso il Tamigi, fiume navigabile "testimone" delle imprese più celebri della storia della navigazione.

Sir Francis Drake

<<Era un marinaio, ma era anche un girovago, mentre i marinai in genere conducono una vita sedentaria. Hanno una mentalità casalinga, e la casa - la nave - se la portano sempre dietro; e con essa il loro paese - il mare. Ogni nave assomiglia moltissimo a tutte le altre e il mare è sempre lo stesso. Nell'immutabilità del loro ambiente, le terre straniere, le facce straniere, l'immensità mutevole della vita, scivolano via, velate da un'ignoranza un pò sprezzante; perche per un marinaio non c'è niente che sia misterioso tranne il mare, che è amante della sua esistenza, imprescrutabile come il Destino.>>
In queste splendide parole vengono esternate le sensazioni tipiche di un marinaio, che, pur visitando migliaia di terre, conosce un solo paese, il mare, e una sola casa, la nave. Il mare assume tratti misterici e velati da un senso di segretezza, viene paragonato a un arcano da svelare nel corso di un'intera esistenza.

<<Stavo pensando a tempi molto lontani, quando i romani vennero qui per la prima volta, millenovecento anni fa. [..] Immaginate le sensazioni del comandante di una bella trireme del Mediterraneo cui si ordina all'improvviso di andare al Nord; di attraversare l'intera terra dei Galli; di assumere il comando di una di quelle imbarcazioni che i legionari sapevano costruire a centinaia in un mese o due. [..] Immaginatelo qui, ai confini del mondo, con una nave non più rigida di una fisarmonica, carica di provviste. Paludi, sabbia, foreste, selvaggi - poco o niente da mangiare e niente da bere se non l'acqua del Tamigi. Niente vino di Falerno qui; freddo, neve, tempesta, malattia, esilio e morte. [..] Ma i Romani erano abbastanza uomini per affrontare le tenebre.>>
In questo passo ci sono riferimenti storici connessi alla civiltà romana, alle prime costruzioni navali fragili e rischiose, all'invasione della Britannia del 43/44 d.C., alle precarie condizioni di vita di bordo, e al paesaggio inglese inospitale e freddo, affrontato con coraggio e temerarietà dall'ardore della flotta romana.

Invasione della Britannia

<<Quan'ero ragazzino avevo una passione per le carte geografiche. Contemplavo per ore il Sud America, l'Africa o l'Australia e mi perdevo in tutti gli splendori dell'esplorazione. A quei tempi c'erano ancora molti spazi vuoti sulla terra, e quando ne vedevo uno che sulla carta pareva invitante ci mettevo un dito sopra e dicevo: 'Quando sarò grande ci andrò'. Uno di questi luoghi, ricordo, è il Polo Nord. Bè, sinora non ci sono mai stato e in futuro non proverò certo ad andarci. Altri luoghi erano invece sparsi intorno all'Equatore. Ce n'era uno - il più grande, il più vuoto per così dire - di cui conservavo una gran voglia. Si era riempito, dopo la mia adolescenza, di fiumi e laghi e nomi. Aveva cessato di essere uno spazio squisitamente misterioso. Era divenuto un luogo di tenebra. C'era un fiume soprattutto, grande e possente, simile a un immenso rettile, con la testa nel mare, il corpo a riposo che si curva lontano in una campagna sterminata e la coda sperduta nelle profondità del paese.>>
In queste righe il protagonista rimembra i suoi desideri da bambino, quando era attratto, guardando le carte geografiche, dall'esplorazione e dalla scoperta di nuovi territori che, durante la sua adolescenza e giovinezza, si intuisce siano stati scoperti poi da altri individui. Nella parte finale Marlow si riferisce all'Africa e al fiume Congo, paragonato a un serpente affascinante.

Il fiume Congo

<<Non mi fu difficile trovare gli uffici della Compagnia. Era la più grossa azienda del luogo e tutti quelli che incontrai ne erano tronfi. Gestivano un impero d'oltremare e accumulavano una sterminata quantità di denaro col commercio>>
Conrad accenna all'imperialismo inglese del XX secolo.

<<Guardare da una nave una costa che scivola via è come riflettere su un enigma. Se ne sta lì davanti a voi, sorridente, accigliata, invitante, grandiosa, squallida, insipida, ma sempre muta e con l'aria di sussurrare: 'Vieni a scoprirmi'.>>
L'atmosfera intrisa di mistero avvolge le coste di ogni territorio bagnato dal mare; ogni marinaio è attratto dalla volontà di scoperta del nuovo e dalla sfida muta che l'entroterra gli propone.

<<Passarono più di trenta giorni prima che vedessi la foce del grande fiume. [..] Il mio lavoro sarebbe cominciato soltanto duecento miglia oltre. Perciò partii per una località trenta miglia più a monte>>
E' presente un importante riferimento alle unità di misura adottate (vedi post specifico).

<<La voce intermittente della risacca mi dava un piacere reale, come le parole di un fratello>>.

<<Un giorno incrociammo una nave da guerra [..] La bandiera pensava molle come uno straccio; le bocche dei lunghi cannoni da sei pollici sporgevano da tutto il basso scafo; l'onda lunga, unta e viscida, la sollevava e la lasciava ricadere facendo oscillare i suoi alberi sottili.[..] Pop, faceva uno dei cannoni da sei pollici; svaniva una piccola fiamma e un minuscolo proiettile produceva un flebile stridore>>
Descrizione di una nave da guerra francese del XX secolo.

Nave da guerra francese Jean Bart, 1911